sabato 24 ottobre 2015

La legge dell'amore



Matteo 22:38-40

38 Questo è il primo e il gran comandamento. 39 E il secondo, simile a questo, è: "ama il tuo prossimo come te stesso".40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti»

Gesù ci dice che tutta la legge di Dio si può riassumere in due comandamenti: "Ama Dio e ama il tuo prossimo". L'amore non fa male a nessuno anzi semmai é vero il contrario. L'Apostolo Paolo ispirato da Dio sancisce dunque che l'adempimento della legge è L'AMORE. 

Comprendere questa verità ci fa comprendere che "DIO E' AMORE" e se l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori, i frutti  che ne usciranno, non potranno altro che essere atti d'amore. Bisogna anche precisare che l'amore vero non è sesso e nemmeno sentimento, se dico di amare il mio gatto, nessuno penserà che ho un sentimento, una attrazione fisica verso il mio gatto ma che ho deciso di prendermi cura di lui. Non importa se mi sporca la casa, non importa se mi rompe qualche soprammobile perché il mio amore verso di lui nasce da una mia libera decisione. 

L'amore di Dio si rivela proprio in questo: che mentre eravamo peccatori Cristo è morto per noi (Romani 5:8). Dio però non è ingiusto da chiudere un occhio sul peccato, le nostre colpe, le nostre trasgressioni vanno pagate con la morte. Nessuno di noi può dire io non ho mai peccato, io non merito di morire all'inferno per l'eternità e Dio mi deve dare la vita. Dunque se noi siamo sotto la condanna a morte, ci vuole qualcuno che non abbia mai peccato e che decida di scambiare la sua vita per la nostra. Questo uomo si chiama "Gesù". Egli era senza peccato, nessuno lo costrinse a morire al nostro posto, la sua fu una sua libera scelta, vedendo la nostra condizione e vedendo che per noi non c'era speranza, decise di sacrificare la sua vita per pagare le nostre colpe (Isaia 53:5). L'apostolo Giovanni al riguardo scrisse: "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna." (Giovanni 3:16)

Questo è ciò che Dio ha fatto per noi e questo è ciò che dovremmo fare noi verso gli altri. Non rimane che riconoscere le nostre colpe, il nostro bisogno di essere salvati dalla condanna a morte e che solo Gesù è in grado di farlo mediante la sua morte in croce. "Giustificati dunque per fede abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore" (Romani 5:1) 


Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Molto piú dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto piú ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. (Romani 5:8-10)



L'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori

Non è più una questione di "non fare questo" o "non fare quello" ma di amare così come siamo stati amati. La legge dell'amore è superiore a qualunque legge. Se amo il mio prossimo non andrò da lui a rubare, non desidererò le sue cose, non gli mentirò, non lo ucciderò, non farò nulla contro di esso ma anzi mi darò da fare per incontrare i suoi bisogni.

La cosa forse più difficile da fare per ognuno di noi, sarà quella di perdonare ma quando consideriamo il perdono che abbiamo ricevuto in Cristo, non c'è più nulla che non possiamo perdonare. Quando poi si perdona, ci si libera di un peso che ci opprime e ci schiaccia fino a distruggerci. Che cosa grande è l'amore di Dio e il perdono di Dio.

Non esitare, se nel tuo cuore c'è rancore e risentimento, oggi in Cristo anche tu puoi "AMARE", puoi offrire il tuo perdono anche a chi non lo merita affatto, puoi dire a Dio "Padre perdona loro per non sanno quello che fanno".


1 Corinzi 13:1-7La Nuova Diodati (LND)

Quand'anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho amore, divento un bronzo risonante o uno squillante cembalo.
E se anche avessi il dono di profezia, intendessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede da trasportare i monti, ma non ho amore, non sono nulla.
E se spendessi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, tutto questo niente mi giova.
L'amore è paziente, è benigno; l'amore non invidia, non si mette in mostra, non si gonfia,
non si comporta in modo indecoroso, non cerca le cose proprie, non si irrita, non sospetta il male;
non si rallegra dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità,
tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.

Come sarebbe il mondo se tutto l'odio che c'è intorno a noi fosse trasformato in amore?

Maurizio.

sabato 29 agosto 2015

Non c'è più né Giudeo e né Greco




Galati 3:27-29La Nuova Diodati (LND)

27 Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c'è né Giudeo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesú. 29 Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d'Abrahamo ed eredi secondo la promessa.
Non c'è più nessuna distinzione tra il Giudeo (sinonimo di Israele) ed il Greco (sinonimo di pagano) perché ora siamo tutti figli della promessa in Abrahamo. Il Giudeo non ha più alcun privilegio rispetto agli altri infatti ora il primo patto è concluso, il nuovo patto in Cristo è per fede, non è più mediante le opere della legge ma anzi chi si fonda sulle opere delle legge è maledetto (Gal 3:10). 
Israele oggi è sotto la maledizione di Dio, non è più il popolo eletto di Dio, la scrittura ci dice che è stato rigettato (Rom 11:15) e che di loro solo un residuo (Rom 9:27) è stato approvato cioè quelli che hanno posto la fede in Cristo. In Galati 3:16 si legge: "Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo.
E' evidente che ora c'è solo una promessa e questa passa per la fede in Cristo, sia per il Giudeo che per il Greco perché il giusto vivrà per fede (Gal 3:26-29). 
La continuazione del vero Israele è mediante la discendenza spirituale in Cristo e non mediante la discendenza naturale di Giacobbe. Ogni Giudeo che crede in Cristo deve dunque unirsi alla chiesa di Cristo così come fecero gli apostoli e come fece Paolo il quale considerò come tanta spazzatura tutta la sua religione davanti a Cristo. 
Dopo oltre duemila anni, l'Israele politico di oggi è ancora anticristiano e anticristo, sarà solo al ritorno di Cristo che tutti in Israele lo riconosceranno ed allora potranno ravvedersi e diventare Cristiani per essere uniti alla chiesa di Cristo per l'eternità.
Non facciamoci ingannare da certe dottrine psudo-Cristiane le quali insegnano che bisogna sostenere l'attuale ribelle Israele politico poiché la Bibbia dice che la vera Gerusalemme è quella celeste, quella alla quale tutta la chiesa fa riferimento. In Galati 4:22-30 si legge di cacciare via la schiava cioè la Gerusalemme terrestre perché non avrà parte con la Gerusalemme celeste.
Fratelli in Cristo, portiamo il vangelo in Israele e preghiamo che il Signore abbia misericordia di loro e che qualcuno al tempo presente possa convertirsi a Cristo ed entrare nella Gerusalemme celeste.
Maurizio

sabato 4 aprile 2015

Gesù morì di Venerdì?


Da secoli, la religione cattolica, molto probabilmente condizionata dall'opinione che Agostino esprime nel suo libro "De Trinitade", insegna che Gesù morì il venerdì della settimana di pasqua e risuscitò la domenica, il primo giorno della settimana ebraica. Ma questo insegnamento è in forte contraddizione con le parole di Gesù, il quale affermò che sarebbe rimasto tre giorni e tre notti nella tomba. 

"Allora alcuni scribi e farisei, lo interrogarono, dicendo: "Maestro, noi vorremmo vedere da te qualche segno". Ma egli, rispondendo, disse loro: "Questa malvagia e adultera generazione chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Infatti, come Giona fu tre giorni e tre notti nel ventre del grosso pesce, così starà il Figlio dell'uomo tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Matteo 12:38-40). 

Il problema dei tre giorni e delle tre notti 

Se Gesù avesse parlato solo di tre giorni, era anche possibile vederla diversamente, ma poiché ha chiaramente detto che sarebbe rimasto nella tomba tre giorni e tre notti, per forza di cose devono essere trascorsi tre giorni completi prima della sua resurrezione, cioè più di 72 ore. Questo è in contrasto con l’insegnamento tradizionale del cattolicesimo romano, il quale vuole che Gesù muoia il venerdì, per risuscitare prima di 48 ore. 

La ragione che ha indotto la religione cattolica a ritenere che Gesù sia morto il venerdì, scaturisce dalla affermazione della Scrittura secondo la quale Egli morì prima del sabato. "E, dopo averlo tirato giù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, dove nessuno era ancora stato sepolto. Era il giorno della Preparazione, e il sabato stava per cominciare. Le donne, che erano venute con Gesù dalla Galilea seguendolo da vicino osservarono il sepolcro e come vi era stato deposto il corpo di Gesù; poi esse tornarono a casa e prepararono gli aromi e gli unguenti, e durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento. Ora nel primo giorno della settimana, al mattino molto presto esse, e altre donne con loro, si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparato" (Luca 23:53 - a 24:1; Marco 15:42). 

Quando morì Gesù il sabato stava per cominciare. Se ragioniamo secondo la nostra cultura, il giorno precedente al sabato è il venerdì, perciò, il cattolicesimo romano ha concluso che Gesù è morto di venerdì. Ma, ancora una volta, il cattolicesimo è stato vittima di una errata interpretazione

Esaminiamo i fatti. 

Secondo l’evangelo di Marco (16:1-2), le donne comprarono gli aromi dopo il sabato, mentre, secondo il racconto di Luca (23:56), esse li comprarono prima del sabato. Come mai questa contraddizione? Questo non dimostra una discordanza nei racconti dei quattro vangeli? 

Questa apparente dissonanza è data dal fatto che, per noi che non siamo ebrei, il sabato è solo un giorno della settimana, mentre per gli ebrei il sabato, cioè shabbat, è definito anche qualsiasi giorno, o addirittura anche ad un anno festivo consacrato all’Eterno. Ecco un esempio nella legge di Dio: "Parla ai figli d'Israele e di' loro: Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra osserverà un sabato di riposo per l'Eterno. Per sei anni seminerai il tuo campo, per sei anni poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà un sabato di riposo per la terra, un sabato in onore dell'Eterno; non seminerai il tuo campo ne poterai la tua vigna" (Levitico 25:2-4). 

Israele, dunque, aveva un anno di riposo per la terra che veniva chiamato sabato. Inoltre, per la nostra cultura, noi siamo abituati a pensare a un solo sabato alla settimana, mentre, per il calendario ebraico, era abbastanza comune avere più sabati, cioè feste, nella stessa settimana. Infatti, nella settimana degli azzimi, che iniziava con la Pasqua, facevano festa sia il quattordicesimo giorno che il quindicesimo, cioè due sabati di Pasqua consecutivi. "Nel quattordicesimo giorno del primo mese sarà la Pasqua in onore dell'Eterno. E il quindicesimo giorno di quel mese sarà festa. Per sette giorni si mangerà pane senza lievito" (Numeri 28:16-17)

L’evangelista Giovanni, notando che il giorno che stava per iniziare era un gran giorno, si riferiva appunto al quindicesimo giorno. "Or i Giudei, essendo il giorno di Preparazione, af inché i corpi non rimanessero sulla croce il sabato, perché quel sabato era un giorno di particolare importanza, chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via" (Giovanni 19:31). 

Tenendo presente che le donne non potevano comprare gli aromi il quindicesimo giorno perché era festa, cioè un sabato, esse li comprarono il giorno dopo, cioè il sedicesimo. Il giorno successivo, il diciassettesimo, era il sabato settimanale, il giorno che seguiva il venerdì, e le donne si riposarono (Luca 23-56). Solo il giorno seguente, il diciottesimo giorno del mese, esse poterono andare al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. 

Tre Sabati consecutivi 

Noi siamo abituati a considerare gli eventi che leggiamo nei vangeli, come episodi consecutivi uno all’altro, ma nella settimana in cui morì Gesù, ci furono tre giorni festivi, cioè tre sabati, il sabato della pasqua, il sabato del giorno dopo, e il sabato del giorno della settimana, divisi da un giorno lavorativo. E’ in quel giorno lavorativo che le donne comprarono gli aromi. Questa è la ragione per cui nei vangeli leggiamo che le donne comprarono gli aromi sia prima del sabato che dopo il sabato. In effetti, gli evangelisti in greco, riferendosi al sabato, usano il plurale. Ecco come rendono alcune traduzioni. "Ora, alla fine dei sabati, all'alba del primo giorno dopo i sabati, Maria Maddalena e l'altra Maria, andarono a vedere il sepolcro" (Matteo 28:1). I tre sabati sono dunque il bandolo di una apparente contraddizione dei vangeli. 

Per comprendere meglio gli avvenimenti della settimana di pasqua, facciamo i conti a ritroso. 

  • Il 18° giorno era domenica, cioè il primo giorno della settimana. 
  • Il 17° giorno era il sabato settimanale, giorno di riposo. 
  • Il 16° giorno era venerdì, giorno feriale. 
  • Il 15° giorno era giovedì, giorno festivo, di riposo, quindi un shabbat secondo la cultura ebraica. 
  • Il 14° giorno era Mercoledì, quando Gesù morì. 


Il giorno Ebraico è suddiviso diversamente dal nostro 

Una simile prospettiva, ci induce a pensare che passarono quattro giorni dalla morte alla resurrezione di Gesù. Ma, ancora una volta, dobbiamo fare i conti con le usanze ebraiche. Poiché gli ebrei iniziavano a contare i giorni dalle 18:00 di sera per terminare alle 18:00 di sera del giorno successivo (Levitico 23:32), facciamo i conti dei giorni alla luce di questa usanza. 

Gesù celebrò la Pasqua il primo giorno degli azzimi, alla sera verso le ore 18:00 (Matteo 26:17,20). A notte inoltrata fu tradito, al mattino andò da Pilato (Matteo 27:1-2), a mezzogiorno fu crocifisso (Matteo 27:45), al pomeriggio, alle ore tre, cioè alle 15:00, morì (Matteo 27:45-50), e fu sepolto prima di sera, cioè prima delle 18:00. Tutto questo avvenne in uno stesso giorno, il quattordicesimo, cioè il Mercoledì, il quarto giorno della settimana. Gesù, quindi, morì nel giorno della pasqua ebraica. 

Ora facciamo i conti dei giorni in cui Gesù rimase nel sepolcro. Gesù morì alle ore 15:00 del Mercoledì, il quarto giorno della settimana, e fu sepolto prima delle ore 18:00 ora di inizio del Giovedì. 

  1. Giorno di Giovedi Ebraico 
    1. Il Giovedì Ebraico inizia il nostro mercoledi alle ore 18:00 e termina il nostro Giovedi ore 18:00 
    2. Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte 
  2. Giorno di Venerdi Ebraico 
    1. Il Venerdi Ebraico inizia il nostro Giovedi ore 18:00 e termina il nostro Venerdi ore 18:00 
    2. Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte 
  3. Giorno di Sabato Ebraico 
    1. Il Sabato Ebraico inizia il nostro Venerdi ore 18:00 e termina il nostro Sabato ore 18:00 
    2. Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte 
    3. Dalle ore 18:00 inizia la Domenica cioè il primo giorno della settimana 


Quando Gesù risuscitò, erano passati tre giorni e tre notti, come egli aveva profetizzato. 

Morendo il quarto giorno della settimana, cioè il mercoledì, e risuscitando il settimo giorno cioè il sabato, i conti tornano. Le donne all’alba del primo giorno della settimana successiva trovano la tomba vuota. 

La Bibbia ha sempre ragione 

Ancora una volta la Scrittura è superiore ad ogni autorità religiosa, e a ogni interpretazione di persona autorevole, come può essere quella di Agostino. Egli scrisse, in "De trinitade", che Gesù non stette tre giorni e tre notti nella tomba concludendo: "Le ragioni che da parte mia ho presentato le ho desunte dall'autorità della Chiesa - tali quali ce l'hanno tramandate gli antichi - dalla testimonianza della Scrittura, dalle leggi dei numeri e delle proporzioni. Ora nessun saggio vorrà andare contro la ragione, nessun cristiano contro la Scrittura, e nessun uomo pacifico contro la chiesa". 

L'acume, l'intelligenza, lo spirito dei padri della chiesa sono da ammirare, ma la chiesa stessa, rappresentata dalla Tradizione dei Padri è soggetta a sbagliare, perché la Verità è solo una persona: Gesù Cristo e la Sua Parola. Se noi siamo abituati a sottomettere i nostri ragionamenti e la nostra logica alla Parola di Dio, se riteniamo la Scrittura più autorevole delle nostre opinioni, allora saremo in grado di afferrare il messaggio contenuto nella Parola di Dio. Possiamo avere dei dubbi in merito alla nostra comprensione, ma non dobbiamo mai dubitare ciò che la Scrittura afferma. Se Gesù ha detto che sarebbe stato sepolto tre giorni e tre notti, qualsiasi interpretazione che diamo ai fatti storici dei vangeli, deve concordare con ciò che Gesù ha detto. 

Alla luce di quanto fin qui sostenuto, la religione cattolica dovrebbe umilmente ammettere che oltre ad affermare cose vere perché conformi alla Scrittura, essa persiste anche in tante cose false. Ma dovrebbe soprattutto riconoscere che l’autorità di cui si vanta non le è data da Dio. L’esortazione di Agostino che nessun uomo pacifico dovrebbe andare contro la chiesa è molto pericolosa, per almeno due motivi. Il primo è racchiuso in una frase di Mill, in "Essays on Liberty", che trovo assai perspicace. "Se tutta l’umanità fosse dello stesso parere, e una sola persona fosse di parere contrario, l’umanità non potrebbe essere giustificata se mettesse a tacere quella persona, più della persona stessa se, avendone la possibilità, mettesse a tacere tutta l’umanità". La seconda ragione per la quale è assurdo ritenere sbagliato contestare la presunta autorità del cattolicesimo romano, è che grandi uomini di Dio si sono scagliati contro il cattolicesimo romano, e, mentre molti di questi sono condannati al rogo o uccisi, alcuni di essi sono stati riconosciuti giusti, altri dichiarati santi. Proprio perché la storia ci insegna questo, come è stato detto, il potere assoluto corrompe chi lo possiede perché, nel momento in cui l’uomo ha in mano questo potere assoluto, nutre anche la convinzione di essere infallibile e di essere uno strumento dello Spirito Santo. Quindi, per non far cadere il prossimo in un simile, diabolico errore, è opportuno, saggio e giusto, riconoscere il potere assoluto solo a Dio. 

Gesù Cristo, dunque, per quanto se ne dica, non è morto il Venerdì, ma il Mercoledì, e stette nel sepolcro tre giorni e tre notti per risuscitare il primo giorno della settimana. Poiché non è mia intenzione focalizzare l’attenzione solo sul giorno in cui morì Gesù, dobbiamo ricordare che la resurrezione di Cristo è un episodio unico. Dopo duemila anni, si parla ancora di questo straordinario evento; evento, che dovrebbe scuotere anche gli scettici più radicali. Gesù è risorto per testimoniare della sua Divinità, e per attestare davanti al mondo che, coloro che hanno posto fede in Lui, hanno ragione. Chi crede in Buddha, in Maometto o in qualsiasi altro profeta, non ha nessuna prova che la sua fede sia vera, mentre la resurrezione di Gesù Cristo è una testimonianza e una prova eterna che il cristiano si porta nel cuore e che l’accompagna fino al giorno in cui comparirà davanti a Dio. 

"Questa è la parola della fede, che noi predichiamo; poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato. Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia e con la bocca si fa confessione, per ottenere salvezza, perché la Scrittura dice: "Chiunque crede in lui non sarà svergognato" (Romani 10:8-11). 

Ellero Balzani