Da secoli, la religione cattolica, molto probabilmente condizionata
dall'opinione che Agostino esprime nel suo libro "De Trinitade", insegna che
Gesù morì il venerdì della settimana di pasqua e risuscitò la domenica, il
primo giorno della settimana ebraica. Ma questo insegnamento è in forte
contraddizione con le parole di Gesù, il quale affermò che sarebbe rimasto
tre giorni e tre notti nella tomba.
"Allora alcuni scribi e farisei, lo interrogarono, dicendo: "Maestro, noi
vorremmo vedere da te qualche segno". Ma egli, rispondendo, disse loro:
"Questa malvagia e adultera generazione chiede un segno, ma nessun
segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Infatti, come Giona
fu tre giorni e tre notti nel ventre del grosso pesce, così starà il Figlio
dell'uomo tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Matteo 12:38-40).
Il problema dei tre giorni e delle tre notti
Se Gesù avesse parlato solo di tre giorni, era anche possibile vederla
diversamente, ma poiché ha chiaramente detto che sarebbe rimasto nella
tomba tre giorni e tre notti, per forza di cose devono essere trascorsi tre
giorni completi prima della sua resurrezione, cioè più di 72 ore. Questo è in
contrasto con l’insegnamento tradizionale del cattolicesimo romano, il quale
vuole che Gesù muoia il venerdì, per risuscitare prima di 48 ore.
La ragione che ha indotto la religione cattolica a ritenere che Gesù sia morto
il venerdì, scaturisce dalla affermazione della Scrittura secondo la quale Egli
morì prima del sabato. "E, dopo averlo tirato giù dalla croce, lo avvolse in
un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, dove nessuno era
ancora stato sepolto. Era il giorno della Preparazione, e il sabato stava
per cominciare. Le donne, che erano venute con Gesù dalla Galilea
seguendolo da vicino osservarono il sepolcro e come vi era stato deposto il
corpo di Gesù; poi esse tornarono a casa e prepararono gli aromi e gli
unguenti, e durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento.
Ora nel primo giorno della settimana, al mattino molto presto esse, e altre
donne con loro, si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano
preparato" (Luca 23:53 - a 24:1; Marco 15:42).
Quando morì Gesù il sabato stava per cominciare. Se ragioniamo secondo la
nostra cultura, il giorno precedente al sabato è il venerdì, perciò, il cattolicesimo romano ha concluso che Gesù è morto di venerdì. Ma, ancora
una volta, il cattolicesimo è stato vittima di una errata interpretazione
Esaminiamo i fatti.
Secondo l’evangelo di Marco (16:1-2), le donne comprarono gli aromi dopo il
sabato, mentre, secondo il racconto di Luca (23:56), esse li comprarono
prima del sabato. Come mai questa contraddizione? Questo non dimostra
una discordanza nei racconti dei quattro vangeli?
Questa apparente dissonanza è data dal fatto che, per noi che non siamo
ebrei, il sabato è solo un giorno della settimana, mentre per gli ebrei il
sabato, cioè shabbat, è definito anche qualsiasi giorno, o addirittura anche
ad un anno festivo consacrato all’Eterno. Ecco un esempio nella legge di Dio:
"Parla ai figli d'Israele e di' loro: Quando entrerete nel paese che io vi do,
la terra osserverà un sabato di riposo per l'Eterno. Per sei anni seminerai
il tuo campo, per sei anni poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;
ma il settimo anno sarà un sabato di riposo per la terra, un sabato in
onore dell'Eterno; non seminerai il tuo campo ne poterai la tua vigna"
(Levitico 25:2-4).
Israele, dunque, aveva un anno di riposo per la terra che veniva chiamato
sabato. Inoltre, per la nostra cultura, noi siamo abituati a pensare a un solo
sabato alla settimana, mentre, per il calendario ebraico, era abbastanza
comune avere più sabati, cioè feste, nella stessa settimana. Infatti, nella
settimana degli azzimi, che iniziava con la Pasqua, facevano festa sia il
quattordicesimo giorno che il quindicesimo, cioè due sabati di Pasqua
consecutivi. "Nel quattordicesimo giorno del primo mese sarà la Pasqua in
onore dell'Eterno. E il quindicesimo giorno di quel mese sarà festa. Per
sette giorni si mangerà pane senza lievito" (Numeri 28:16-17).
L’evangelista Giovanni, notando che il giorno che stava per iniziare era un
gran giorno, si riferiva appunto al quindicesimo giorno. "Or i Giudei, essendo
il giorno di Preparazione, af inché i corpi non rimanessero sulla croce il
sabato, perché quel sabato era un giorno di particolare importanza,
chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via"
(Giovanni 19:31).
Tenendo presente che le donne non potevano comprare gli aromi il
quindicesimo giorno perché era festa, cioè un sabato, esse li comprarono il
giorno dopo, cioè il sedicesimo. Il giorno successivo, il diciassettesimo, era il
sabato settimanale, il giorno che seguiva il venerdì, e le donne si riposarono (Luca 23-56). Solo il giorno seguente, il diciottesimo giorno del mese, esse
poterono andare al sepolcro per ungere il corpo di Gesù.
Tre Sabati consecutivi
Noi siamo abituati a considerare gli eventi che leggiamo nei vangeli, come
episodi consecutivi uno all’altro, ma nella settimana in cui morì Gesù, ci
furono tre giorni festivi, cioè tre sabati, il sabato della pasqua, il sabato del
giorno dopo, e il sabato del giorno della settimana, divisi da un giorno
lavorativo. E’ in quel giorno lavorativo che le donne comprarono gli aromi.
Questa è la ragione per cui nei vangeli leggiamo che le donne comprarono gli
aromi sia prima del sabato che dopo il sabato. In effetti, gli evangelisti in
greco, riferendosi al sabato, usano il plurale. Ecco come rendono alcune
traduzioni. "Ora, alla fine dei sabati, all'alba del primo giorno dopo i
sabati, Maria Maddalena e l'altra Maria, andarono a vedere il sepolcro"
(Matteo 28:1). I tre sabati sono dunque il bandolo di una apparente
contraddizione dei vangeli.
Per comprendere meglio gli avvenimenti della settimana di pasqua, facciamo i conti a ritroso.
- Il 18° giorno era domenica, cioè il primo giorno della settimana.
- Il 17° giorno era il sabato settimanale, giorno di riposo.
- Il 16° giorno era venerdì, giorno feriale.
- Il 15° giorno era giovedì, giorno festivo, di riposo, quindi un shabbat secondo la cultura ebraica.
- Il 14° giorno era Mercoledì, quando Gesù morì.
Il giorno Ebraico è suddiviso diversamente dal nostro
Una simile prospettiva, ci induce a pensare che passarono quattro giorni
dalla morte alla resurrezione di Gesù. Ma, ancora una volta, dobbiamo fare i
conti con le usanze ebraiche. Poiché gli ebrei iniziavano a contare i giorni
dalle 18:00 di sera per terminare alle 18:00 di sera del giorno successivo
(Levitico 23:32), facciamo i conti dei giorni alla luce di questa usanza.
Gesù celebrò la Pasqua il primo giorno degli azzimi, alla sera verso le ore
18:00 (Matteo 26:17,20). A notte inoltrata fu tradito, al mattino andò da
Pilato (Matteo 27:1-2), a mezzogiorno fu crocifisso (Matteo 27:45), al
pomeriggio, alle ore tre, cioè alle 15:00, morì (Matteo 27:45-50), e fu
sepolto prima di sera, cioè prima delle 18:00. Tutto questo avvenne in uno
stesso giorno, il quattordicesimo, cioè il Mercoledì, il quarto giorno della
settimana. Gesù, quindi, morì nel giorno della pasqua ebraica.
Ora facciamo i conti dei giorni in cui Gesù rimase nel sepolcro. Gesù morì alle
ore 15:00 del Mercoledì, il quarto giorno della settimana, e fu sepolto prima
delle ore 18:00 ora di inizio del Giovedì.
- Giorno di Giovedi Ebraico
- Il Giovedì Ebraico inizia il nostro mercoledi alle ore 18:00 e termina il nostro Giovedi ore 18:00
- Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte
- Giorno di Venerdi Ebraico
- Il Venerdi Ebraico inizia il nostro Giovedi ore 18:00 e termina il nostro Venerdi ore 18:00
- Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte
- Giorno di Sabato Ebraico
- Il Sabato Ebraico inizia il nostro Venerdi ore 18:00 e termina il nostro Sabato ore 18:00
- Tempo trascorso 1 giorno e 1 notte
- Dalle ore 18:00 inizia la Domenica cioè il primo giorno della settimana
Quando Gesù risuscitò, erano passati tre giorni e tre notti, come egli aveva
profetizzato.
Morendo il quarto giorno della settimana, cioè il mercoledì, e
risuscitando il settimo giorno cioè il sabato, i conti tornano. Le donne all’alba
del primo giorno della settimana successiva trovano la tomba vuota.
La Bibbia ha sempre ragione
Ancora una volta la Scrittura è superiore ad ogni autorità religiosa, e a ogni
interpretazione di persona autorevole, come può essere quella di Agostino.
Egli scrisse, in "De trinitade", che Gesù non stette tre giorni e tre notti nella
tomba concludendo: "Le ragioni che da parte mia ho presentato le ho
desunte dall'autorità della Chiesa - tali quali ce l'hanno tramandate gli
antichi - dalla testimonianza della Scrittura, dalle leggi dei numeri e delle
proporzioni. Ora nessun saggio vorrà andare contro la ragione, nessun
cristiano contro la Scrittura, e nessun uomo pacifico contro la chiesa".
L'acume, l'intelligenza, lo spirito dei padri della chiesa sono da ammirare, ma
la chiesa stessa, rappresentata dalla Tradizione dei Padri è soggetta a
sbagliare, perché la Verità è solo una persona: Gesù Cristo e la Sua Parola.
Se noi siamo abituati a sottomettere i nostri ragionamenti e la nostra logica
alla Parola di Dio, se riteniamo la Scrittura più autorevole delle nostre
opinioni, allora saremo in grado di afferrare il messaggio contenuto nella Parola di Dio. Possiamo avere dei dubbi in merito alla nostra comprensione,
ma non dobbiamo mai dubitare ciò che la Scrittura afferma. Se Gesù ha detto
che sarebbe stato sepolto tre giorni e tre notti, qualsiasi interpretazione che
diamo ai fatti storici dei vangeli, deve concordare con ciò che Gesù ha detto.
Alla luce di quanto fin qui sostenuto, la religione cattolica dovrebbe
umilmente ammettere che oltre ad affermare cose vere perché conformi alla
Scrittura, essa persiste anche in tante cose false. Ma dovrebbe soprattutto
riconoscere che l’autorità di cui si vanta non le è data da Dio. L’esortazione
di Agostino che nessun uomo pacifico dovrebbe andare contro la chiesa è
molto pericolosa, per almeno due motivi. Il primo è racchiuso in una frase di
Mill, in "Essays on Liberty", che trovo assai perspicace. "Se tutta l’umanità
fosse dello stesso parere, e una sola persona fosse di parere contrario,
l’umanità non potrebbe essere giustificata se mettesse a tacere quella
persona, più della persona stessa se, avendone la possibilità, mettesse a
tacere tutta l’umanità". La seconda ragione per la quale è assurdo ritenere
sbagliato contestare la presunta autorità del cattolicesimo romano, è che
grandi uomini di Dio si sono scagliati contro il cattolicesimo romano, e,
mentre molti di questi sono condannati al rogo o uccisi, alcuni di essi sono
stati riconosciuti giusti, altri dichiarati santi. Proprio perché la storia ci
insegna questo, come è stato detto, il potere assoluto corrompe chi lo
possiede perché, nel momento in cui l’uomo ha in mano questo potere
assoluto, nutre anche la convinzione di essere infallibile e di essere uno
strumento dello Spirito Santo. Quindi, per non far cadere il prossimo in un
simile, diabolico errore, è opportuno, saggio e giusto, riconoscere il potere
assoluto solo a Dio.
Gesù Cristo, dunque, per quanto se ne dica, non è morto il Venerdì, ma il
Mercoledì, e stette nel sepolcro tre giorni e tre notti per risuscitare il primo
giorno della settimana. Poiché non è mia intenzione focalizzare l’attenzione
solo sul giorno in cui morì Gesù, dobbiamo ricordare che la resurrezione di
Cristo è un episodio unico. Dopo duemila anni, si parla ancora di questo
straordinario evento; evento, che dovrebbe scuotere anche gli scettici più
radicali. Gesù è risorto per testimoniare della sua Divinità, e per attestare
davanti al mondo che, coloro che hanno posto fede in Lui, hanno ragione. Chi
crede in Buddha, in Maometto o in qualsiasi altro profeta, non ha nessuna
prova che la sua fede sia vera, mentre la resurrezione di Gesù Cristo è una
testimonianza e una prova eterna che il cristiano si porta nel cuore e che
l’accompagna fino al giorno in cui comparirà davanti a Dio.
"Questa è la parola della fede, che noi predichiamo; poiché se confessi con
la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato
dai morti, sarai salvato. Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia e con la bocca si fa confessione, per ottenere salvezza, perché la Scrittura
dice: "Chiunque crede in lui non sarà svergognato" (Romani 10:8-11).
Ellero Balzani