Appena l’uomo parla di Dio, si accorge, con terrore, di parlare di tutt’altro!
Dopo 35 anni di lettura Biblica, mi sono reso conto di non aver capito una verità fondamentale in relazione alla Persona di Gesù. In questo lasso di tempo, ho studiato gli argomenti più svariati, ho compreso le dottrine più importanti, che ancora oggi professo; ma restava un velo costante davanti ai miei occhi ad impedirmi di comprendere la ricchezza del messaggio di Dio, sia nell’Antico Testamento, sia nel Nuovo Testamento (che chiameremo più appropriatamente Antico Patto e Nuovo Patto - 2Corinzi 3:14). Alcune affermazioni degli apostoli riuscivano oscure alla mia mente. Eccone due:
«E non tentiamo Cristo, come alcuni di loro lo tentarono» (1Corinzi 10:9)
«[Mosè] stimando il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori di Egitto» (Ebrei 11:26)
Gli autori di queste affermazioni si riferiscono ad episodi dell’Antico Patto. Secondo Paolo, gli Israeliti nel deserto tentarono Cristo. Per l’autore della lettera agli Ebrei, Mosè scelse la vergogna di Cristo, anziché i tesori di Egitto. Con quale autorità e conoscenza, gli apostoli potevano parlare della presenza di Cristo nell’Antico Patto? Le loro affermazioni sono allegoriche, tipologiche, o vanno prese alla lettera? Dove riscontriamo la presenza di Cristo nell’Antico Patto e, soprattutto, al tempo di Mosè? Quando leggiamo l’Antico Patto, vi scorgiamo una generica Teofania, o una precisa Cristofania? Ho risolto questi interrogativi, quando ho preso in esame il Tetragramma, JHWH. Esso è la chiave di lettura, o la password, per una giusta comprensione ed interpretazione della Parola eterna di Dio.
E, come la password è sia un lasciapassare, che permette l’entrata o la circolazione in ambienti ai quali possono avere accesso esclusivamente persone autorizzate, sia anche un mezzo di protezione, così è del Tetragramma. Mediante esso, possiamo avere accesso alla comprensione della Parola di Dio; senza di esso, ci è preclusa la possibilità di comprendere i misteri di Dio.
“Queste, dunque, sono riflessioni che ogni persona, diventando figlio di Dio per la fede in Gesù, deve conoscere. Esse costituiscono la base della fede cristiana. Senza questa base, nessuno può definirsi cristiano. Coloro che non hanno conosciuto e compreso chi è Gesù, sono destinati, prima o poi, a lasciarsi sedurre da ogni «vento di dottrina» (Ef 4:14). Purtroppo, i cristiani, nel corso dei secoli, si sono persi in grandi e sterili discussioni teologiche, tralasciando il loro vero obiettivo: spiegare al mondo e ai credenti chi è Gesù Cristo. Troviamo credenti superlativamente ferrati in molte dottrine, ma per i quali la Persona di Gesù rimane ancora troppo oscura o, peggio, banalizzata. È urgente, quindi, recuperare e riaffermare il patrimonio comune e la comune identità cristiana, aventi come perno la Persona del Salvatore. Chi non ha questo obiettivo, ha fallito lo scopo per cui è stato creato: conoscere il Signore Gesù Cristo e annunziarlo.
Le seguenti riflessioni hanno dello straordinario, pur essendo, nello stesso tempo, solamente l’ABC della fede Cristiana. Se quello che impareremo è nuovo od originale, ciò non dipende dal contenuto del messaggio, ma dal fatto che i cristiani, nel corso dei secoli, hanno abbandonato le verità elementari del cristianesimo. Ho assistito ad alcune trasmissioni di un programma di giochi, nell’ambito del quale erano poste innumerevoli domande a concorrenti preparati sia laureati, sia professionisti. Per un periodo, furono poste domande sulle tabelline e non pochi concorrenti sbagliarono; mentre molti altri erano titubanti. Queste persone, che molto probabilmente sapevano usare i computer ed erano competenti nel loro lavoro, avevano però dimenticato quanto imparato alle elementari. Questo, è successo ai cristiani di oggi. Si preferisce discutere su questioni marginali, si combatte su questioni concernenti l’etica, mentre la Persona di Gesù è considerata solo nel suo ruolo di Salvatore dalle pene eterne. Molte verità, che andremo a considerare, sono state già in parte declamate da alcuni padri della chiesa; ma si tratta di voci isolate, tanto isolate e atipiche, che i cristiani hanno preferito seguire la strada larga delle proprie idee, piuttosto che sforzarsi di apprendere ciò che a Dio importa. Cerchiamo, quindi, di ricuperare alcune dottrine elementari su Gesù Cristo, il Figlio di Dio.”
“Per imparare dalla Parola di Dio, dobbiamo, innanzi tutto, prendere sul serio la nostra ignoranza; dobbiamo sradicare alcuni preconcetti e luoghi comuni. Gesù, dicendo che il Padre ha rivelato le verità profonde ai piccoli fanciulli, non intese fare l’apologia dell’ignoranza, ma affermare che la conoscenza delle profondità di Dio è riservata a coloro che si ritengono bisognosi di imparare. Se l’intelligenza non serve a comprendere le cose di Dio, ancora meno serve l’ignoranza. L’uso corretto delle Scritture presuppone una profonda conoscenza del loro contenuto.
Dobbiamo sempre ricordare che stiamo leggendo un testo o, meglio, una serie di libri, il più giovane dei quali ha quasi duemila anni. E duemila anni, sono pari a cinquanta generazioni di quaranta anni l’una. Leggere un testo vecchio di duemila anni, comporta tutta una serie di problematiche non indifferenti. Noi siamo convinti di comprendere ciò che leggiamo, solo perché diamo alle parole e ai fatti descritti nella Bibbia un’interpretazione secondo la nostra cultura. Come esempio, possiamo prendere in considerazione l’affermazione di Gesù, secondo la quale la sua presenza nell’Antico Patto è attestata nei Salmi. Il lettore comune, che non conosce bene il linguaggio biblico, né il suo contenuto storico e culturale, pensa che Gesù si riferisca solo ai Salmi, contenuti nel libro omonimo. Ai tempi di Cristo, sotto il nome «Salmi» era intesa la raccolta, che comprendeva i libri: Salmi, Proverbi, Giobbe, Lamentazioni, Neemia, Daniele, Cronache, ecc. Questo solo esempio, ci fa riflettere riguardo a come sia difficile comprendere la Parola di Dio nel suo vero significato. Del resto, se non fosse così, non “ci sarebbero tante interpretazioni di testi indiscutibili.
Inoltre, se non siamo giudei, non dobbiamo mai dimenticare che stiamo leggendo dei libri appartenenti ad un altro popolo, cioè a quello ebraico. Anche leggendo nel Nuovo Patto, dobbiamo tenere presente di avere a che fare con scritti (vangeli e lettere) non indirizzati direttamente a noi. È come se io scrivessi una lettera a mia moglie e un cinese volesse interpretare ogni mia parola, senza conoscere né me, né mia moglie. Avrebbe delle notevoli difficoltà di carattere storico, culturale e linguistico. Se scrivo a mia moglie che ho portato a mio padre dei crisantemi, dal momento che i cinesi offrono i crisantemi come regalo alle loro fidanzate o mogli, mentre noi li portiamo sulle tombe per onorare i nostri cari estinti, come interpreterà il nostro cinese, questo «versetto»? Penserà che mio padre sia vivo e che io gli abbia voluto mostrare il mio amore. È, dunque, indispensabile ripristinare l’ebraicità del vangelo.
Se vogliamo, invece, prendere un esempio biblico, consideriamo il significato delle parole di Gesù, quando definì Erode una volpe (Luca 13:32). Con quest’appellativo, Gesù non voleva dichiarare Erode un astuto, piuttosto, ne voleva esaltare la crudeltà. “L’associazione del concetto di furbizia alla volpe, proviene dalla cultura medioevale. È proprio inutile che mi ostini ad interpretare la Scrittura con la mia cultura, devo fare uno sforzo per calarmi nella cultura ebraica.
Dunque, affinché la figura di Gesù possa essere compresa pienamente, saremo costretti a fare un percorso lungo, ma inevitabile. In questa ricerca per conoscere Gesù Cristo, non daremo nulla di scontato, se non che, nei suoi testi originali, la Bibbia è l’inerrante Parola di Dio divinamente ispirata. Dal momento che la fede cristiana trae le sue radici in un’altra fede, cioè in quella ebraica, siamo costretti ad iniziare l’indagine da quest’ultima.”
La prossima volta parleremo dei NOMI DI DIO
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